Rileggo dopo tanti anni S.C.U.M., Manifesto per l’eliminazione del maschio, di Valerie Solanas (1936-1988), uscito nel 1967 in USA.
«Il
maschio è totalmente egocentrico, intrappolato in se stesso, incapace
di trasporto, di identificazione con gli altri, di amore, di amicizia,
di affetto, di tenerezza. È un’individualità isolata, incapace di
comunicare.».
(…)
«È un morto vivente, è una massa inerte, incapace di procurare o di
ricevere piacere e felicità; nel migliore dei casi è una noia infinita,
una bolla d’aria inoffensiva, perché solo chi è capace di osmosi sa
sedurre.».
(…)
«Poiché il maschio disprezza il suo Io totalmente inadeguato, viene sopraffatto
da un’intensa inquietudine e da una profonda, infinita solitudine non
appena si trova a tu per tu con il suo Io vacuo, e allora si aggrappa ad
una femmina qualsiasi nella vaga speranza di completare se stesso,
nella mistica fede che toccando l’oro si trasformerà in oro, e per
questo brama la costante compagnia delle donne.».
Eccetera.
Il testo di Solanas mi riconferma nell’idea che il pensiero o è estremo o non è.
Nel senso che, oggi, un reale riconoscimento della verità di
un’argomentazione può avvenire solo se questa viene formulata in modo
esasperato, cioè forzato fino al limite della menzogna e della
mistificazione. In questo modo il nucleo che ne contiene il nocciolo
sguscia allo scoperto, si fa vedere senza veli, digressioni, distinguo,
dubbi, eccetera. Tutti vezzi, questi, tipici della corretta
comunicazione accademica borghese, che aborro.
Nel disprezzo estremo e ingiusto di Solanas per il genere cui appartengo, riconosco la verità della mia condizione.
Insomma io queste parole le apprezzo, le con-divido.
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