martedì 19 gennaio 2010

Nori Libero

Ci ho pensato a questa cosa di Paolo Nori che collabora con Libero e alla fine mi sono detto che la discussione di stasera è inutile, che non c’è niente da spiegare, che se Nori non lo capisce da solo, se per lui Libero o un altro giornale sono indifferenti, non gli si può spiegare nulla.

Ci sono questioni che hanno a che fare con una cosa che in mancanza di termini più appropriati qualcuno ha chiamato «stile», cioè con la capacità di percepire, prima ancora di capire, senza necessariamente dover capire, quando si deve dire di sì e quando si deve dire di no. Ho la sensazione che da molti anni il Paese viva una fase di passaggio da una cultura a un’altra. È un passaggio complesso con aspetti che sintetizzerei come un processo di abbandono di «valori» pregressi, non saprei se tipicamente borghesi oppure no, come la coerenza, il rispetto dell’evidenza, la tensione verso una verità, se non assoluta, almeno condivisa, l’idea che possa ancora esistere una identificabilità politica dei nostri atti, eccetera. Si tratta di un grandioso re-impianto culturale indotto, dal craxismo prima e dal berlusconismo poi – essendo per molti aspetti il berlusconismo niente altro che la prosecuzione del craxismo con altri mezzi, cioè con molti più mezzi e più efficaci, come la fiction. Succede che quelli tra noi che ancora considerano validi i «valori» di cui sopra, non riescano a dialogare in nessun modo con chi, anche in buona fede, non li «vede» più. Da qui la difficoltà dei primi ad argomentare qualcosa di condivisibile con i secondi.
Oggi su Libero esce un pezzo di Nori che si può leggere sul suo sito, http://www.paolonori.it/riassunt/#more-5006, dove a un certo punto fa questa affermazione: «Mi è sembrato che questa iniziativa di Borgonovo, aprire le pagine culturali di un giornale, semplifichiamo, di destra, anche a chi non è di destra, fosse una cosa intelligente, e ho deciso di accettare il suo invito». Ora alla luce di quanto detto sopra, cioè del passaggio culturale in atto, potrei mettermi ad analizzare a fondo queste quattro righe, dove a mio avviso risiede il cuore del problema (e dove si legge bene la crisi in atto), ma mi astengo. Dico solo che se l’iniziativa di aprire a chi non è di destra le pagine culturali di un giornale, «semplifichiamo», di destra è una cosa intelligente (avete visto noi come siamo aperti?) per il giornalista Borgonovo che ci lavora, accettare quell’invito non è stata una cosa intelligente per lo scrittore Nori.
A meno di non testare «l’intelligenza» dell’iniziativa sin da subito, cioè esordendo con un pezzo politicamente ben identificabile, fastidioso, urticante, oppositivo, insultante e «di sinistra», e vedere poi se davvero quelli di Libero sono così intelligenti da fartelo pubblicare. Ma come spiegarlo a Nori?

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