Ero diventato bravissimo con la cerbottana.
Ne avevo di lunghe fino a un metro e mezzo.
Mio padre faceva il costruttore e quando andavo sul cantiere con lui (sperava di instradarmi al suo stesso mestiere), mi portavo sempre via qualche bel pezzo di canna di plastica, di quelle che si usano per mettere sotto traccia gli impianti elettrici.
Mi piaceva osservare gli elettricisti mentre le piegavano con una passata veloce davanti a un cannello ossidrico. Un istante di troppo e avrebbero preso fuoco.
Più una canna era lunga e più era potente, purché il rapporto tra lunghezza e diametro fosse quello giusto. Se andava bene si vedeva a occhio. Troppo sottile o troppo largo: un dato puramente empirico. Disprezzavo le cerbottane comprate già pronte, troppo corte, con l’imboccatura bordata, il manicuccio di plastica che simulava l’impugnatura di un mitra.
Le mie erano lunghe, come impugnatura bastava una molletta per stendere i panni, piazzata più o meno a metà della canna.
Il segreto della precisione di una cerbottana a cartoccetti è molteplice.
Oltre alla lunghezza e al corretto rapporto tra questa e il diametro della canna, c’è la tecnica di emissione del getto d’aria (la bocca va usata come una camera di compressione dell’aria, la lingua come una valvola che va rilasciata di colpo, come per sputare, eccetera) e soprattutto quella di costruzione del cartoccetto di carta.
Va esclusa la carta di giornale e sarebbe meglio non usare carta di buona qualità, come la extra strong, perché è troppo pesante e quando la lecchi non assorbe la saliva. Ma se necessario può andare anche quella.
Va bene invece quella dei blocchi di appunti a quadretti o a righe formato A4, perché non è né pesante né leggera.
La consistenza è importante perché, bagnandola con la saliva, la carta deve macerarsi leggermente in modo da amalgamarsi in una sorta di cartapesta che, mentre si asciuga all’aria, indurisce la punta.
Bisogna tagliare la carta in striscioline larghe più o meno quattro centimetri e lunghe una trentina.
Poi si accartocciano a formare un cono molto allungato, si leccano in punta e infine si introducono nella canna per determinare con esattezza il punto di circonferenza del cono che coincide col diametro dell’attrezzo. Solo in questo modo il cartoccetto sarà a tenuta d’aria e la soffiata renderà al massimo.
Volendo essere cattivi si può aggiungere uno spillo in punta, che in quel caso va chiusa con del nastro adesivo.
Quando abitavamo in un palazzo verde la camera mia e di mio fratello aveva un balconcino su una via dove non passava quasi mai nessuno.
Da lì sparavo cartoccetti cercando di beccare i gatti dello spiazzo di fronte, dove adesso c’è una scuola.
Una volta riuscii a colpire un cane lontanissimo.
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