giovedì 9 giugno 2005

Il Groppo del Viadotto

A Roma esistono ingorghi stradali storici, ormai permanenti e non risolvibili se non con allargamenti-demolizioni-sventramenti-sottopassi-sovrappassi, eccetera. Voglio dire che non basta aggiungere un semaforo, cambiare un senso di marcia, ci vorrebbero opere davvero toste. Ci vorrebbe una “ristrutturazione d’area vasta”, come si dice in gergo tennico, oppure la costruzione di una nuova linea metropolitana, per dire. E naturalmente occorrerebbero milioni di euro solo per quel tale imbottigliamento. Poi, magari risolto quello, fluidificato il flusso, eliminato il trombo, l’intoppo si ricrea da un’altra parte, dove prima non c’erano problemi e si circolava bene. E si crea proprio a causa dello scioglimento dell’altro: non c’è simulazione al computer che tenga, non c’è programma, per quanto sofisticato sia, capace di dirci come cazzo si può vivere e muoversi dentro questa città, che paga a sé stessa il prezzo della propria in-cultura. Gli ingorghi storici sono sempre lì, tutta la giornata o quasi. Se ci capiti dentro con la macchina, ti rassegni, perché non c’è altro da fare: resti lì una mezzora, un’ora, oppure, come mi è capitato una volta – sono ancora sotto shock – due ore e mezza. Sì, sono stato due ore e mezza in coda sul viadotto della Magliana, dalle otto e mezza alle undici di una mattina qualsiasi di un qualsiasi inverno degli inizi del Ventunesimo Secolo, andando al lavoro. Mettici una pezza, se ci riesci. A Roma, sempre c’è quello che arriva tardi e ti dice, scusa sai ma stamattina era tuttofermo, ti ggiuro una cosa pazzesca, tu non ci crederai se ti dico a che ora sono uscito di casa..., eccetera. Tuttofermo, un’unico compatto fonema, ormai di uso corrente: significa un’ora o più di fila per tutti. Ma quello che voglio dire è che non è proprio così: in un normale imbottigliamento, di quelli storici e dunque periodici e rituali non è tuttofermo, anzi. Bisogna conoscerli gli ingorghi, per capire come si comportano e come si muovono, per acquisire la nozione fondamentale che si tratta pur sempre di universi. Un vero ingorgo è un organismo vivente, con un suo metabolismo, che cambia col passare delle ore, con dinamiche e flussi suoi propri, una sua storia, i suoi habitué, i suoi conoscitori e i suoi esperti. Per ogni coda storica suppongo esistano numerose teorie cosmogoniche che ne deducono le origini, le intime ragioni e soprattutto i segreti strutturali. Come accade per l’interpretazione di ogni fenomeno complesso, occorre scoprire le leggi che lo reggono e servono menti capaci di farlo, dunque dei teorici. Immagino che ogni coda abbia i suoi oscuri, solitari, osservatori e teorici. Puoi ricercarli tra i suoi abitatori giornalieri, cioè tra quelli che sono costretti a smaltirsela tutti i giorni a passo d’uomo, e che, per ammazzare il tempo e per esercizio intellettuale, la studiano nei suoi fenomeni ricorrenti. Alla fine, dopo un bel po’ di volte, saranno in grado di dirti quale strategia usare per un determinato ingorgo tipo: prima sulla corsia di sinistra, poi attenzione, qui cambiare, lasciali passare, ecco ributtati a destra, se non te lo lasciano fare imponiti, che da questo punto in poi scorre meglio, se c’è l’autobus invertire la manovra, eccetera. Abitare l’ingorgo, significa comprenderlo come fenomeno naturale e massa in movimento, come ecosistema a sé stante, come flusso di forze e anime che possiede una sua ossatura di spazi e varchi, che continuamente, secondo certe sue leggi, si modifica. La coda sulla rampa di ingresso all’ormai per me mitico – lo sogno spesso la notte - Viadotto della Magliana, direzione Est, me la digerisco tutti i giorni in motorino. Su due ruote il discorso cambia: quella che in automobile ti sembra un continuum compatto, impenetrabile, disperante, definitivo, in moto è invece materia discreta, provvisoria, piena di interstizi, di viottoli interni, linee di frattura più o meno percorribili. L’ingorgo si sdrammatizza, è solo un rallentamento, non un diverticolo dello spazio-tempo, che ti sequestra senza scampo. Per il Groppo del Viadotto della Magliana - al Viadotto negli ultimi anni presto la massima attenzione come dispositivo a reazione poetica - ho col tempo elaborato una strategia in tre o quattro fasi, che mi consente, in condizioni normali di attraversarlo in una decina di minuti, alla peggio un quarto d'ora. In carenza totale di vere avventure, il viadotto è la mia avventura quotidiana, la mia sfida al caos e alla brutalità del Tutto e va vinta possibilmente con eleganza, come sono riuscito a fare oggi. Eleganza significa senza frenate brusche, con traiettorie precise e fluide, economiche, pochissime soste in attesa del varco, eccetera. La conoscenza delle leggi dell’universo-Groppo del Viadotto mi consente di impostare la traiettoria di attraversamento sin dalla in fase di approccio, su via Isacco Newton, in modo da trovarmi nella posizione giusta per sferrare l’attacco in profondità della fase due, dove occorre tenersi sulla destra per sfruttare il flusso in uscita verso l’Autostrada per l’Aeroporto. A quel punto occorre accostare di nuovo a sinistra per sfruttare il Varco a Strisce, che si crea tra la massa di macchine e il guardrail, abbastanza ampio per chi ha solo due ruote. Fatto questo tratto e raggiunto il Culmine della Salita occorre cercare la Frattura Centrale della Discesa fino alla Risalita, che è il tratto più delicato e fastidioso, perché caotico e privo di leggi, di armonie e fenomeni ricorrenti: qui “un battito d’ali” eccetera può fare la differenza. Inutile dire che basta un camion grosso, oppure un bus dell’ATAC, perché tutta la dispositio naturale della materia che costituisce il Groppo si modifichi e la Frattura Centrale della Discesa cambi posizione, dimensione, o addirittura svanisca. Fatta la Risalita, c’è il momento, molto delicato, liberatorio, del superamento del Punto Critico, con l’Immissione, sul Viadotto vero e proprio, nel traffico che si dirige verso il Ponte sul Fiume e oltre. Il Punto Critico è la vera causa del Groppo, che si genera da un rallentamento fisiologico, dovuto alla scadente soluzione tecnica adottata per l’Immissione. In questo senso il Groppo è istituzionale e genetico, fa parte dello statuto originario del Viadotto e va considerato con attenzione e rispetto, non come un intasamento estemporaneo e qualsiasi: qui c’è il manifestarsi dell’Errore e del pressappochismo, veri cavalli di battaglia di questa città da almeno sessant’anni a questa parte. Ma il più è fatto: se non ci sono mezzi fermi per tamponamenti o guasti – in tal caso le cose davvero si complicano e il Groppo si cementifica già un paio di chilometri a monte del Punto Critico, lunga via Newton – si va via fluidi, si prende velocità sino all’uscita, sotto il cartello EUR.

Nessun commento:

Posta un commento