lunedì 6 giugno 2005

Quattro sì

Rispondo alla sollecitazione e provo a buttare giù qualche vaga nota sulle questioni innescate dal referendum, pre-mettendo quanto segue. L’altro ieri su una terrazza aperta a un panorama inaudito che arrivava sino all’orizzonte ultimo del Tirreno, et oltre, un amico mi diceva: senti, io dei quesiti referendari ci ho capito poco e niente, ma dato che la Chiesa invita a non votare, allora, per pregiudizio, cioè per convinzione profonda che la ragione sta dalla parte opposta, io andrò a votare e voterò quattro sì. La mia posizione non è dissimile, in quanto io nemmeno, come molti tra noi, ci ha capito molto di tutta la questione, ma lo stesso andrò a votare e voterò quattro sì. Qui sotto cerco di spiegare il perché non tanto del votare 4 sì, ma dei miei 4 sì. Non credo infatti, a differenza del (debole) manifesto dei filosofi qui pubblicato, che vi sia una ragione morale, e perciò stesso suscettibile di prescrizione, per votare 4 sì: la materia è troppo fluida, le posizioni troppo asimmetriche, sbilanciate. D’altra parte proprio per questa fluidità e incertezza, credo che lo scontro referendario non sia tanto nel merito degli articoli della legge, quanto nella prevalenza di una cultura sull’altra. Sto parlando di Spiritualismo & Religione versus Materialismo & Relativismo. Ma di sicuro esistono altre definizioni più efficaci di queste. Lo scontro è in atto almeno da due secoli e mezzo. Come tutti sanno ne troviamo tracce molto consistenti già nelle polemiche settecentesche tra illuministi e conservatori-con-concezione-soprannaturale-del-mondo. I termini della contesa non sono cambiati di molto, in tutto questo tempo. Le dicevo asimmetriche proprio perché esiste invece una ragione morale (cattolica o religiosa in genere) per votare 4 no, o non votare: verità rivelata contro relativismo, più o meno assoluto. La vita come dono, sacro et sostanzialmente soprannaturale, farcito dell’alito divino sin dall’istante del concepimento, oppure la vita come continumm evolutosi accidentalmente, del quale l’uomo non è che una casuale manifestazione tra le tante. Secondo questa concezione, l’embrione umano è, appunto, solo un embrione, simile a quello che si può trovare in un uovo di gallina e non più sacrale di questo. L’embrione potrà essere considerato persona solo dopo un lungo processo di sviluppo, culminante con la nascita. Non credo che esista un momento preciso di apparizione della persona: dicono che per precauzione si può considerare tale, se proprio si vuole, un embrione dopo appena una quindicina di giorni dal concepimento, al momento cioè della formazione delle prime cellule nervose. (Noto en passant una cosa implicita e dirompente e cioè che, anche seguendo questa concezione non spiritualista, la legge sull’aborto dovrebbe per coerenza fare una brutta fine). Ovvio che non basta l’esistenza di un sistema nervoso per definire persona umana un organismo, che sennò le vongole con le quali condiamo la pasta rientrerebbero a pieno titolo nella categoria, divenendo, per ciò stesso, sacre et inviolabili. Per essere persona umana occorre appartenere alla specie dei Predestinati al Dominio, di quelli autorizzati a rigirare la frittata come più gli piace, cioè alla Specie Umana. Se, in tutto questo faticoso ragionare, si tralascia la definizione di persona, il ragionamento stesso non ha senso. Il De Mauro on line dichiara che il significato “filosofico” del termine è: l’uomo come essere intelligente e consapevole di sé, dotato di un’identità singola e personale. Di sicuro esistono altre definizioni, magari più esatte e penetranti, ma questa qui sopra non è proprio da buttar via. Naturalmente implica l’esclusione in via assoluta e, aggiungo, totalmente arbitraria, che nel cosiddetto regno animale non esista né l’intelligenza né la consapevolezza di sé. Il che è palesemente falso e supponente, chiunque abbia un cane può confermarlo: esistono persone umane e persone animali, ma delle persone animali non ce ne può fregare di meno, perché il Libro non prescrive per loro una particolare attenzione: la loro esistenza ci serve, dunque non è “sacra”, punto e basta. Insomma, come si vede, la questione è grossa davvero, si apre a ventaglio in tutte le direzioni e va a toccare punti cruciali del nostro concepire e concepirci nei quali non mi addentrerei per mancanza di adatta attrezzatura e per non annoiare. Ciascuno di noi, a fronte di dilemmi come quelli posti nel referendum, si àncora giocoforza alla sua cultura di formazione e provenienza, vale a dire a ciò che ha pensato ed elaborato sinora, al clima che ha respirato e in cui è vissuto. Infatti la loro particolarità risiede, tra l’altro, nel fatto che non possono essere affrontati se non a partire da concezioni più ampie, materialiste o spiritualiste che siano. Insomma non te ne fai un’opinione lì per lì. Anche per me è così e, se la cosa può interessare, mi sono coniato un modesto slogan personale, che mi ripeto spesso come una giaculatoria: meno sacralità della vita, più rispetto per la persona. È uno slogan empirico e provvisorio, e significa: la vita non è sacra, l’anima non esiste, ma le persone umane sì, cioè esistono e sono per noi civilmente ed eticamente sacre. Quelle stesse persone umane, per inciso, che usiamo senza alcun problema esclusivamente come mezzo per i nostri fini politico/materiali, per mandarle in guerra a farsi ammazzare, oppure nelle fabbriche, nelle miniere, nei campi, a vendere il proprio lavoro per stipendi di pura sussistenza, sulle strade a prostituirsi, eccetera. Quattro cellule con DNA umano non sono una persona, ma, a determinate condizioni, possono diventarlo. L’esistenza di una persona dipende da una catena causale iniziata molto tempo prima del concepimento, nella quale esistono già ora ampie zone di caos, caso e arbitrio umano. Non è un caso se la Chiesa condanna il coitus interruptus, le seghe, il preservativo, eccetera: interferiscono con la funzione che Dio ha assegnato al piascere come forza e impulso riproduttivo. Finalmente alcuni nodi arrivano al pettine: cominciamo a poter intervenire nell’essenza stessa della nostra esistenza, scopriamo che è possibile modificare, modificarci o abolirci già come progetto, come serie iniziale di input. Scopriamo di essere mezzo di ricerca e di cura per noi stessi, e si delinea un campo scientifico dall’ampiezza sterminata e dai contenuti imprevedibili, che riguardano quelli che fino a poco fa si chiamavano i fondamenti della vita, il mistero della morte, eccetera. Al termine di questo percorso c’è la totale abolizione di dio e di ogni concetto di sacralità della vita: per questo la Chiesa si oppone. E lo farà nei prossimi decenni e secoli, arretrando nelle fasi storiche di secolarizzazione e avanzando in quelle di segno opposto, ma perdendo sempre più terreno, com’è appunto capitato in questi ultimi due secoli e mezzo. La religione è una risposta ancestrale a quello che è stato percepito come il mistero della condizione umana. Ma la condizione umana non è stabile e assoluta, cambia a seconda delle condizioni storiche, politiche, materiali e dunque di conoscenza scientifica. Insomma la condizione umana non esiste, è solo la somma di stati provvisori e mutevoli, che cambiano di molto a seconda dello stato della cultura e della civiltà: oggi non implica più, per esempio, che si muoia a trent’anni, eccetera. Quando io ero bambino la condizione umana esigeva che si morisse di difterite e si restasse paralizzati per la poliomielite, eccetera. Col venire meno del concetto assoluto di condizione umana, viene meno, di conseguenza, ogni religio consolatoria: è ciò che sta avvenendo, come dicevo, da due secoli et mezzo. Dunque, per chi non l’avesse capito, ribadisco: al referendum voterò quattro sì. Ma io non faccio testo: nego che la parola spirito abbia un significato, sono per la clonazione umana, per l’eutanasia e per l’eugenetica, per l’abolizione del dolore in ogni sua forma e presso ogni specie vivente, dunque umano e animale, sono per la fine degli allevamenti e dei mattatoi, sono per la lotta senza quartiere a malattia e morte, dunque sono per l’immortalità fisica e per qualsiasi cosa ci avvicini ad essa, sono per le bio-tecnologie e per le tecnologie tout court, nego che esista conoscenza al di fuori della scienza, sono per un umanesimo scientista et materialista, credo che se la liberazione dell’uomo avverrà mai, sarà causa e conseguenza del dominio che avremo acquisito su vita e natura: sono un Prometeo boy. Postilla. Insomma sono il creatore et unico sostenitore del Movimento Anarco-Prometeico (MAP), il cui slogan principale suona più o meno così. Niente è di Cesare. Niente è di Dio. Non date loro nulla. Al primo perché nulla gli spetta. Al secondo perché non c’è. In attesa dell’affermazione del mio Movimento, mi limito sommessamente a chiedere - meno sacralità della vita, più rispetto per la persona, please. In fine un apologo. Lessi molto tempo fa su Topolino una storia di Archimede e Nonna Papera: Archimede va a trovare Nonna Papera alla sua fattoria, dove osserva con interesse tutti i processi di lavorazione e produzione agro-alimentare, chiedendosi in continuazione come si potrebbero migliorare e razionalizzare. A un certo punto, osservando una mucca brucare l’erba si chiede: com’è possibile produrre latte direttamente dall’erba facendo a meno della mucca? Cioè evitando di rompere il cazzo alle mucche in quanto persone animali? Ecco, io credo che questa sia una domanda seria ed etica, che è giusto porsi. E alla quale bisognerà dare prima o poi una risposta. Per ognuna delle cose che ho affermato qui sopra c’è un’obiezione religiosa, più o meno forte e formata.

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