giovedì 15 settembre 2005

Un appunto su natura e cultura

Posto qui alcune righe scritte qualche tempo fa, riviste. La natura è di destra. Dunque, per estensione, dio è di destra. Direi che dio è di estrema destra. Cos’è la destra, se non conflitto e competizione, sopravvivenza del più forte & sopraffazione, rapporti di dominanza, violenza, amico-nemico, interno-esterno, eccetera? Oppure, all’opposto, sesso & amore viscerale, protezione e cura parentale, solidarietà con i congiunti, eccetera? Cos’è la natura, se non tutte queste cose? Si ciancia periodicamente di culture di destra, ci si sforza di individuarle qui e là, in questo o quello. Ma in realtà non si trova mai niente di veramente consistente, organizzato e convincente. Si trova solo una tradizione balbettante di autori che si sono dedicati, con intento più o meno apologetico, a forza, sopraffazione, dominanza, violenza, oppure maternità, famiglia, ruoli sessuali, e annessi “valori”. Questa scarsità di cultura di destra, se non questa assenza, non è casuale, perché la destra è natura. Invece la sinistra è cultura, cioè è, innanzi tutto, il prodotto dell’opposizione umana alla violenza e all’ingiustizia dei principi naturali, quelli stabiliti da dio. Quando si dice “cultura di sinistra” si dice un pleonasmo. Cultura e sinistra sono sinonimi. Natura e destra sono anch’esse sinonimi. Scrivo questo banale appunto nella costernazione che mi provoca lo spettacolo che dà il mio paese, e non solo il mio paese, ma tutto l’occidente, da qualche anno a questa parte. Una destra naturale sembra prendere il sopravvento su tutti e in tutti: - appartenenze tribali (natura) prevalgono sul senso di appartenenza all’umanità intera (cultura), invece che a un gruppo; - identificazione collettiva in credenze religiose (natura), invece del riconoscimento che solo in una visione laica e razionale (cultura) può identificarsi una società moderna tollerante et multi-etnica; - la credenza assolutamente maggioritaria nella validità totemica dei simboli religiosi (natura), invece dell’assunzione del vuoto come unico simbolo “identitario” di un mondo in cui tutti i segni sono possibili (cultura); - la pratica istituzionale dell’intolleranza emotiva (natura), invece della garanzia che almeno lo stato operi secondo norme condivise di convivenza, elaborate in millenni di esperimenti e pensiero (cultura); - eccetera. Naturalmente messa così, la cosa sembra semplice, ma a rigore di termini anche il più rozzo dei totem, anche un sacrificio umano, anche l’infibulazione, anche i riti antropofagi sono cultura in senso esteso. Come lo è ogni forma di elaborazione collettiva, ereditabile e trasmissibile, ivi comprese quelle di carattere tecnico-scientifico e religioso. Questo appunto parte invece da una concezione ristretta della cultura, che intendo essenzialmente come opposizione attiva e razionale al dato naturale. Al mondo naturale, la cultura umana contrappone un mondo alternativo, artificiale e in progressivo affrancamento dalle leggi del primo. Sono convinto, per inciso, che le caratteristiche del mondo naturale non siano né di destra, né di sinistra, né buone, né cattive, ma siano al di fuori da qualsiasi considerazione etica. Sono invece ben dentro l’etica se le traspongo nel mondo della convivenza umana, dove si rivelano infallibilmente di destra, cioè contrarie ad ogni forma di solidarietà che vada al di là di una generica empatia e pietas di specie. Quando il mondo naturale - sopravvivenza del più forte, sopraffazione, rapporti di dominanza, violenza, eccetera – si fa politica, è politica di destra. La cultura umana ha invece lungamente lavorato sulle possibili strategie di fuoriuscita dalla spietatezza della legge del più forte, elaborando idee di giustizia, eguaglianza, diritti civili, libertà religiosa e sessuale, emancipazione da ogni servaggio & schiavitù, eccetera. Ribadisco che, in questo senso basico, la destra è naturale e la sinistra è culturale.

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