venerdì 7 maggio 2010

Fenomenologia oggettistica dell’isola.

Qui le tovaglie esistono in due versioni. Di carta, oppure di plastica. Quelle di plastica sono fisse, voglio dire che probabilmente sono inchiodate sotto il tavolo. Prima dell’uso vi viene passato sopra uno straccio umido. Talvolta, ma non sempre, sulla tovaglia di plastica – rigorosamente multi-colore – viene stesa la tovaglia di carta e fissata mediante quattro ferma-tovaglia, senza i quali volerebbe via nel giro di pochi secondi. I ferma-tovaglia a loro volta possono essere di plastica oppure di metallo.
Qui, come del resto da noi, ogni cosa ha una versione, diciamo così, «naturale» e una versione in plastica. Accade per le sedie e i tavoli e ogni altra suppellettile, accade per le bottiglie, per le barche. Spesso la plastica si dà come imitazione del legno o del metallo, raramente rivendica un’esistenza estetica autonoma. Ma per le barche non è così. Le barche di legno da queste parti appartengono a una generazione precedente e antica, hanno una forma del tutto diversa e arcaica, di solito a doppia prua, molto larghe. Sto parlando di barche da pesca: le barche da diporto in legno sono molto rare. Il caicco in plastica ha una carena moderna, molto più efficiente e adatta alla propulsione a motore, poppa tronca e larga, impianto complessivamente di forma triangolare, mentre il vecchio caicco ha forma di mandorla. Al Kapheneion to aktaio la poltroncina in plastica convive da molti anni con le panche in legno disposte all’interno del muretto ancestrale che ne delimita magistralmente lo spazio: seduto lì ti senti bene e protetto, come dentro il pozzetto di una barca. Quelle poltroncine de plastica, non solo sono molto più comode e leggere delle sedie in legno o della panca smaltata di verde, ma sono anche le più belle del villaggio, sia come forma che come colore. In compenso i due tavolini bassi del caffè hanno il piano ricoperto di laminato plastico giallino, che forse sta bene con l’azzurro del resto del tavolo e forse no. Qui alcuni caffè delimitano il loro spazio con vasi di fiori e piante, solo che fiori e piante sono di solito finti, cioè de plastica come del resto il vaso che è color simil-cotto. Anche qui, come da noi, si registra da anni la triste invasione dei vasi in plastica che imitano il cotto. Non ho niente contro i vasi di plastica, ma non capisco questa ostinazione nell’imitare sia nella forma che nel colore, talvolta nelle decorazioni, i loro antenati di cotto. È vero che ogni innovazione, quando non è una novità assoluta, fa fatica a staccarsi dalla forma precedente – si pensi alle automobili-carrozza dei primi decenni della storia dell’automobile – ma quella dei vasi di plastica mi pare un attaccamento inutile, nella sua pervicacia. Ora io ho capito che, non ostanti alcuni sbandamenti anche di durata non breve, al fondo sono restato un modernista ortodosso, cioè un pre-postmodernista, un fondamentalista miesiano, un cripto-bauhausiano... Il dettato del modernismo ortodosso esige che ogni materiale venga usato assecondando la sua «vocazione» e non camuffandolo da qualcos’altro: quindi, benché il concetto di vocazione dei materiali sia di per sé abbastanza discutibile (nel senso di sotto-ponibile a discussione), a me la plastica con venature finto legno dà fastidio. Ciò che viene stampato a caldo non è bene che imiti ciò che può essere solo segato, incollato, inchiodato, ciò che un tempo è stato vivo, come il legno. Proseguendo nelle notazioni oggettistiche, qui all’isola va per la maggiore, nel senso che è soluzione storica, adottata da tutti i ristoranti, una specie di fermaglio di metallo – alluminio? latta? – che contiene un mazzo di tovaglioli di carta, detti pezzetas. Questi tovaglioli sono piccoli, tristi, di una carta leggerissima, evanescente. Una volta estratti dal loro contenitore – di solito occorre fare attenzione che non ne vengano via una decina per volta – è molto difficile impedire che volino subito via. L’unico stratagemma efficace è introdurne un lembo sotto il proprio piatto e ripetere l’operazione ogni volta che lo si usa: ma anche così, dopo qualche minuto inevitabilmente volerà via.

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