mercoledì 19 gennaio 2011

Ubu


Ghedini che lesto esce dal portone, la borsa che porta si vede che è pesante. Apre lo sportello posteriore di una macchina, sale e va via. Un lieve sorriso, lo stesso che mostra quando entra, la solita fretta, la solita borsa piena di carte, che lo fa pendere sul lato opposto, a bilanciamento. Bonaiuti che entra esce da Palazzo Grazioli (vicino al negozio di casalinghi et regali Sorelle Adamoli), entra pure La Russa che sorride a denti cavallini, entra-esce Cicchitto, l’aria sfatta da vecchia puttana della politica, fa dichiarazione con voce romanesco-strascicata, come fosse cicoria ripassata in padella.
Entra-esce Gasparri, sempre anche lui in mezzo ad altri uomini, la solita aria da uomo da niente, sale in macchina, sorride compiaciuto alla telecamera, dice pure qualcosa, rauco e sputazzante, ma non c’è audio. Entrano e escono da Palazzo Grazioli i vari coordinatori e rappresentati di camera & senato: Verdini e Capezzone, quest’ultimo avvolto nella sua disperazione di servo dell’ultim’ora, di venduto fuori tempo massimo: difende il padrone con più alacrità degli altri, molti dei quali in ogni caso la pensione da parlamentari l’hanno acquisita. Macchine grosse, scure o metallizzate, che entrano-escono dai cortili dei palazzi, con dentro uomini per lo più sfatti, ineleganti, talvolta accompagnati da donne più giovani, graziose e deliziosamente subalterne, in tailleurino executive. Tutti loro sanno benissimo come stanno le cose (lo sanno meglio di tutti), fanno quadrato attorno a Colui senza il quale, non solo non guadagnerebbero quello che guadagnano, non godrebbero dei privilegi di cui godono, ma non esisterebbero neppure. Sono uomini-satellite, orbitano, non hanno autonomia, non decidono loro la traiettoria su cui disporsi, hanno scelto di farsi dominare dalle leggi della gravitazione berlusconiana: se il centro-massa si disintegra loro si disperderanno…
Berlusconi che esce da Palazzo Grazioli circondato di guardie del corpo. Stringe mani, sorride, sale in una macchina che somiglia a un cetaceo. La macchina-cetaceo di Berlusconi entra al Quirinale. Esce dal Quirinale. Entra a palazzo Chigi. Esce da palazzo Chigi. Entra ad Arcore. Esce da Arcore. Entra alla Farnesina, esce dalla Farnesina. Si vede solo questa macchina grossa panciuta scura pesante, come sono le macchine dei potenti. Berlusconi esce dalla macchina a Milano, cammina, fa due o tre passi, sorride stringe mani, dice due o tre cose, saluta con la mano, immobile nella brezza la sua calotta porcellanata di capelli. Guardie del corpo si guardano in giro, facce serie, nervose, virili, collegate a certi fili a spirale che entrano nei colletti. Hanno l’aria di chi protegge un tipo importante, sembra si aspettino un attentato, da un momento all’altro. Berlusconi rientra in macchina e va via. È un corteo di quattro o cinque automezzi, compreso un furgone dai vetri fumé, come le altre, del resto. Berlusconi parla dal palco Azzurro della Libertà. Parterre di anziani che lo guarda da sotto in su, sventolano bandiere, cantano inni. Imperturbabile la calotta porcellanata. Berlusconi inveisce contro la magistratura. Poi sorride, saluta, abbraccia e bacia, proferisce battute. Sembra contento, in mezzo alle guardie del corpo, che proteggono il suo corpo. Le guardie del corpo sono uomini robusti, alti, abbastanza giovani, belli et virili, sembrano usciti da qualche pubblicità di lamette, dopobarba, rasoi elettrici, deodoranti maschili. Uomini seri, accigliati, che fanno da scudo a un pupazzo post-vero & post-umano. Il tizio che proteggono come fosse importante è coperto di fard, le sopracciglia tinte di un colore che ricorda quello delle blatte elleniche, rossiccio come la sua calotta di capelli bionici. Le sue grandi orecchie tradiscono la stanchezza di dover reggere la trazione della cute facciale. Gli uomini della scorta fanno di tutto per avere un’aria credibile, la persona in mezzo a loro va nella direzione opposta, perché è incredibile, contro-intuitiva, post-borghese. È qualcosa di nuovo. È il falso che si accredita come vero senza pretendere di essere creduto: tutti vedono che il suo aspetto è artificiale, sanno che è artificiale e tuttavia molti gli danno credito, perché la sua forza consiste anche nell’essere riuscito a annullare quasi del tutto l’opposizione basilare realtà/artificio che governa le nostre vite da un paio di milioni di anni. Berlusconi-Ubu, che risale in macchina, riparte, riprende l’aereo, scende dall’aereo, stringe mani, sorride, dice cose, è sempre lì, da anni, misteriosamente inattaccabile, qualsiasi cosa dica o faccia.  

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