mercoledì 20 luglio 2005
Tash blues 2
Essere comunisti senza poter più credere nel comunismo.
Sapere tutte quelle cose che un comunista sa, ma non poter fare niente, né dire niente.
Essere comunisti davvero, oggi significa non poter avere più compagni e tacere.
Essere comunisti oggi significa sapere che l’intero edificio, costruito con la rete della dominanza e dello sfruttamento mondiali, va abbattuto.
E però saperlo non significa poter indicare, con la sicurezza di un tempo, come abbatterlo e, soprattutto, come ricostruirlo su basi di giustizia e libertà e uguaglianza autentiche, che durino.
Significa dirsi e ripetersi in continuazione che eccolo il capitale, senza più freni, mentre si impadronisce di tutto, in primo luogo delle coscienze, anche (e soprattutto) di quelle degli oppositori, dando loro un gratificante e visibile e mediatico ruolo di nemici (si veda il pupazzo Bertinotti, i ridicoli verdi).
E dirsi (senza poter “dire”): guarda come se le lavora e se le spolpa, le modella a sua immagine e ne ottiene consenso, facendo loro credere di essere libere dentro liberi sistemi democratici, con libera informazione e autentica opposizione e vere elezioni.
Significa sapere che il capitale (si chiama così) oggi ha in mano soprattutto i mezzi di produzione delle coscienze e che il luogo del conflitto non è più la fabbrica o la piazza, ma è lì.
Dirsi: eccolo l’imperialismo senza più freni che instaura la guerra, non più come alternativa alla politica e sua prosecuzione “con altri mezzi”, ma come strumento sfacciato e arrogante di pressione e intimidazione permanente: una continua mobilitazione militare, non più diretta dalla politica, ma, si direbbe, farcita di politica per quel tanto che serve e finché resta utile.
E significa anche dirsi che i “nemici dell’Occidente” e lo “scontro di civiltà” sono solo strumenti per tenere aperto e caldo il conflitto, per far credere ai nemici che sono davvero tali, perché continuino a massacrare (e massacrarci) senza sosta, così che si possano inviare truppe e costruire basi ovunque per prendere e mantenere territori e risorse vitali.
Significa, e qui chiudo il mio lamento, sapere che nel giro di qualche decennio non ci sarà più nulla da tenere e sfruttare, perché presto il mondo sarà distrutto, col consenso di tutti.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento