sabato 3 settembre 2005

Gino Tasca

Come molti sanno il 22 di agosto è morto Gino Tasca. Riposto qui qualche riga per lui, leggermente modificata. L’altra sera (o una di queste altre sere passate), ero seduto in terrazzo e il sole era tramontato da poco dietro al profilo delle case e delle antenne, ma essendoci un fronte di nubi che si stava avvicinando all’orizzonte si era creato una sorta di intercapedine di puro azzurro. Le piante erano diventate nere e lungo una grondaia c’erano dei colombi che tubavano sommessi e chissà perché mai la città in quel momento era perfettamente silenziosa. E’ stato qualcosa di piuttosto inquietante ma non di pauroso. Alla luce di ciò che poi è avvenuto, resto ancora stupito dalla forza lucida dell’immagine, evocata da Gino già morente, nel suo blog http://lordchandos.splinder.com/. Alcuni di noi avevano capito, me compreso, che Gino moriva, che quelle erano parole di libero sgomento di fronte al procedimento del morire, che si affacciava, ormai credo in piena chiarezza, al suo orizzonte. Una parte di lui lo percepiva cupamente, ma forse ormai con una qualche serenità e rassegnazione. Parlare davvero della morte è impossibile, lo sanno tutti. La morte istupidisce coloro che restano vivi e cercano di pensarla, che se la trovano lì, che cade vicina e annichilisce quelli che non l’avresti mai detto, quelli che erano come noi. Quelli che avresti dovuto esserci, per tener loro la mano. Gino, raramente mi trovava d’accordo con lui. Si incazzava e forse ci soffriva, non lo so con certezza. Molte cose del suo modo di concepire il leggere e lo scrivere mi irritavano davvero. Glielo dicevo, quando ci riuscivo, con ogni possibile chiarezza argomentata, ma più spesso con brutalità, altre volte con scherno: le sue opinioni avevano sempre la mia massima attenzione. La sua scrittura non mi piaceva quasi mai, ma voglio dire qui, con altrettanta chiarezza e qualora interessi qualcuno, che io adoravo Gino. Proprio per quel suo modo di essere, così diverso e distante da me, per la sua mitezza furiosa e perbene, ma che mi sembrava assolutamente vitale. Non credo in nessuna forma di esistenza dopo la morte. Gino semplicemente non esiste più. È una cosa accaduta per lui troppo presto. L’ultima volta che lo sentii al telefono, molti mesi fa, fece cenno a “questa malattia brutale” che lo tiranneggiava. Da quello che mi aveva raccontato di sé, poco, ho la sensazione che avesse appena cominciato a vivere e a cercare. Una specie di seconda esistenza, che nei suoi progetti sarebbe dovuta servire a risarcirlo della prima, dove si era dedicato obtorto collo a cose delle quali non gli era mai fregato nulla. Così almeno mi aveva detto. La crudeltà della sua vicenda sta proprio qui, in questa seconda vita, cui si dedicava con fervore, troncata si può dire sul nascere. Queste sono, quasi soltanto, supposizioni.

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