mercoledì 27 gennaio 2010

Bacteria

Uno sterminato zuppone di batteri, da cui dipendono, nel bene e nel male, tutte le forme di vita così dette superiori. Questa è solo una sintetica definizione del mondo in cui viviamo. Anzi, sarebbe meglio dire «del mondo che ci vive».
Perché, noi, come ogni altro organismo visibile ad occhio nudo, come ogni altra specie non-batterica, siamo solo eco-sistemi per batteri. Questo non significa solo che molte specie di germi si sono adattate a noi, vuol dire soprattutto che noi siamo stati adattati da loro alle loro esigenze.
Viviamo una doppia condizione.

Da un lato siamo immersi da milioni di anni in un continumm immenso di germi che si aggiunge, contribuendo così a determinarci, a quello che correntemente concepiamo come ambiente e cioè come un insieme di pressioni selettive alla nostra stessa scala dimensionale o a una scala superiore.
Dall’altro noi costituiamo a tutti gli effetti un universo ambientale, come individui e come specie, per migliaia di specie di batteri costituite da miliardi di miliardi di miliardi (di miliardi?) di «individui», che subiscono la nostra pressione selettiva.
Pensarsi come autonomi, liberi & distinti da tutto il resto, pensarsi separati dagli animali, pensare che tra me e il mio vicino di poltrona (metti al cinema) ci sia un «vuoto», pensare che tra me e la «natura» (altra parola che non si può scrivere senza virgolette) ci sia una dis-continuità, è una cazzata cui indulgiamo tutti. Grazie anche all’educazione che ci impartiscono da ragazzini, quando professori & preti (sono la stessa cosa, il loro compito è di formattarci) ci raccontano che la «natura» è «per noi» (invece & casomai, noi siamo «per la natura»), oppure ci insegnano a «rispettarla», come se la «natura» ci avesse mai rispettato, noi o qualsiasi altro essere vivente.
La nozione del continuum di batteri nel quale viviamo e respiriamo, che ci colonizza e ci invade sin dalle prime ore della nostra vita e che alla fine, cioè dopo morti, si prende la briga finalmente di divorarci, dovrebbe dirci chiaramente che noi semplicemente siamo «natura». Cioè, mentre noi ci serviamo della materia vivente e non vivente che ci circonda, allo stesso tempo siamo quella stessa materia, agenti e agiti nella/della stessa zuppa.
Sarebbe bene prendere atto che grazie ai batteri, ciascuno di noi vive in stretta, calda, segreta intimità biologica che tutti gli altri umani che incontriamo, anche con coloro che più intimamente ci repellono.
E con quelli che mai abbiamo conosciuto, ma che lasciano ovunque traccia di sé e dei loro ospiti batterici, come noi lasciamo la nostra in ogni istante. Ci scambiamo germi in segno di amicizia, nella stretta di mano, nell’abbraccio, parlandoci a quattr’occhi.
Quando sentiamo l’odore tormentoso dell’alito altrui, quello è anche il momento in cui lo scambio di germi si fa intenso e serio. Ci scambiamo germi in segno d’amore e quello è un livello che direi professionale: per via orale et sessuale la fusione dei mondi interni è quasi totale: intere metropoli batteriche (qualche miliardo di miliardi di esemplari) buccali et vaginali et peniche entrano in contatto, talvolta confliggendo violentemente, finché alla fine non restano che i batteri vincitori e i loro alleati.
Sembra che questo continuo scambio sia necessario, che faccia bene per resistere agli attacchi dei germi «cattivi», persino per contrastare le allergie, la febbre da fieno. Sembra che per certi versi l’igiene sia nemica della salute. Al profano come me sembra che non se ne sappia ancora niente, o quasi. Appunti di lettura da: Jessica Snyder Sachs, I buoni e i cattivi, come sopravvivere in un mondo dominato dai batteri, Longanesi 2009.

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