giovedì 24 febbraio 2005

La riduzione dell'offerta di futuro

Ripenso ai tempi in cui c’era ancora un futuro, anzi più d’uno. Ciascuno di noi coltivava e proteggeva un futuro per sé e molti di noi aderivano ad un futuro migliore per tutti e magari davano una mano a costruirlo. Avere un futuro significava dirsi che quello che intanto si viveva, per quanto brutto e sgradevole fosse, per quanto fosse chiaro che difficilmente sarebbe cambiato in meglio, era solo un passaggio provvisorio necessario alla costruzione di un mondo migliore. Esistevano diversi mondi possibili e migliori e più o meno tutte le forze politiche di un certo peso se ne dotavano e lo additavano alle masse come approdo finale dell’azione dell’oggi. C’era un futuro di assoluto liberismo, nel quale l’Individuo si affrancava dai “lacci e lacciuoli” impostigli dallo Stato e si gettava nell’agone della libera concorrenza e che vincesse il migliore. C’era un futuro più semplice e dimesso, di costumi morigerati e cattolici, dominato dalla Famiglia, che proponeva poche avventure e però garantiva l’allevamento dei figli in uno stato di agio massificato, un mondo con meno lambrette e più automobili e autostrade e scuole , asili nido e posti letto negli ospedali e vacanze per tutti, e tutti al mare. C’era un futuro dominato dalle ragioni dei Molti e degli Oppressi, con varie gradazioni e sfumature, tante quante erano i partiti operanti nel settore: giustizia sociale, ma anche democrazie popolari, e anche c’era chi pensava ai soviet, alla presa del potere, alla dittatura del proletariato, e ancora più in là ci si inoltrava in un indicibile mondo perfetto, regno dell’eguaglianza e privo di “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”: a ciascuno secondo i suoi bisogni e da ciascuno secondo le sue capacità, eccetera. Insomma, sono cresciuto nell’era dell’offerta diversificata di futuri possibili: potevi sceglierne uno e volendo potevi crederci. Oggi si chiamano ideologie e si dice siano morte, mentre la verità è che ce n’è almeno una viva e vegeta ed è la prima dell’elenco, quella che riguarda il futuro liberista, il paradiso dell’Individuo con eventuale Famiglia al seguito. Nessuno oggi ha più fiducia in un “mondo migliore” e la stessa formulazione “mondo migliore” è quasi caduta in disuso e suona ridicola, assieme alle varie immagini di progresso sociale ad essa associabili. Oggi si ha fiducia solo nel progresso scientifico - che molti vedono anche come una minaccia – ma nessuno si azzarda, per paura di essere guardato con compatimento, a delineare le forme di un mondo migliore nel-suo-insieme, come stato finale di un processo di trasformazione nel quale impegnarsi. Il futuro non c’è più, e la politica ci propone solo la soluzione dei problemi dell’oggi – tra questi di solito l’attenzione cade su quelli più stupidi e brutali - senza indicare un solo obbiettivo per quello che fino a un paio di decenni fa si chiamava “il Domani”. Il risultato è un diffuso “realismo” de massa, che significa, in altre parole, che nessuno sa più per che cosa vivere.

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