giovedì 19 maggio 2005

Old boy

Lo so che parlo troppo di polpi, ma ci tengo a dire ancora un paio di cose in argomento. Recentemente sono andato al cinema multisala Adriano di Roma per vedere Old boy di Chan-wook Park, un film coreano osannato a Cannes l’anno scorso. Sia il film che il complesso multisala Adriano meritano un po’ di attenzione. Il film è un esempio lampante di quello che chiamo il formalismo asiatico, dove si dispiega un nitore calligrafico e spettacolare - che mi ricorda i manifesti del tempo della rivoluzione culturale - coniugato con una narrazione melodrammatica, con personaggi schematici, forse mitici, archetipici. Il tutto condito con meraviglie tecniche e visionarie elaborate al computer, con ralenti spettacolari. In particolare, Old boy è pure un po’, anzi molto, noioso. Piccola scheda anche sull’Adriano: ha otto sale tecnicamente molto buone, ma il sonoro è tenuto a volume altissimo e l’aria condizionata ti distrugge, ti toglie ogni voglia di vivere, ogni residua forza vitale: tuttavia, mentre tu soffri, intorno a te branchi di giovani con grossi secchi di pop corn dall’odore dolce e nauseante, che si direbbe quasi feromonico e chimicamente pompato, se la godono senza nessun problema, stravaccati in modo talmente deciso nelle loro poltrone che, osservata dalle ultime file, la sala sembra vuota. Insomma dicevo, in questo Old boy c’è il protagonista che a un certo punto mangia un polpo. Ma lo mangia vivo. È una scena del tutto inutile e ininfluente ai fini della, chiamiamola così, storia. Serve solo a fare senso allo spettatore, dandogli l’impressione che sta vedendo una cosa speciale e molto cool. L’attore, del tutto trascurabile, che ha il ruolo del protagonista, tale Choi Min-sik, se ne sta lì a recitare la scena di uno che mangia un polpo vivo, un’attrice recita la parte della ragazza del sushi bar che glielo serve, ma il polpo non recita un bel niente e muore davvero tra le fauci di questo tale Choi Min. Trovo questa scena, e i mezzi usati per farla, eticamente inaccettabili. Che si uccidano polpi per mangiarli o per sport è riprovevole, ma non quanto l’ucciderli per mostrarne la morte, vera, nella scena di un film. Nei lungometraggi di finzione, tutto dovrebbe essere, per coerenza, finzione (anche schiacciare una blatta). O, al contrario, tutto dovrebbe essere vero. A questo punto affermo che per coerenza, se si è deciso di uccidere una creatura in modo atroce, per girare una scena stupida e ripugnante, si sarebbe dovuto stabilire che anche la morte dei personaggi del film che finiscono ammazzati (molti) fosse vera, il sangue vero e le ferite vere, le scene di violenza vere, eccetera. Invece no, solo il polpo, creatura indifesa, nel senso che a nessuno interessava e interessa la sua sorte, c’è andato di mezzo. I polpi è provato che, per certe cose, hanno l’intelligenza dei bambini di tre anni. Bene allora gli direi al regista Chan-wook Park: stronzi, mangiatevi anche quelli, nel prossimo film.

Nessun commento:

Posta un commento