venerdì 19 febbraio 2010

Piove da giorni e giorni e giorni, da mesi e mesi. E l’Uomo Senza Casa resiste nel suo cantuccio. Se piove non si ripara, al massimo si tira la coperta sulla testa. Se fa freddo si rannicchia nella coperta, ma resta lì. D’estate si spoglia il più possibile e resta sdraiato al sole per ore, talvolta a culo nudo. Lui è lì che vuole stare e non c’è verso. Quando l’hanno schiodato, appena ha potuto c’è tornato. Puzza in modo intollerabile e questa è la sua prima e unica difesa. Sono anni, parecchi anni, che va avanti in questo modo. Non so come faccia a resistere, né conosco i motivi del suo stare lì. I primi tempi, cioè cinque o sei anni fa, lo vedevi in piedi che girellava nei dintorni della sua postazione. Adesso lo vedo solo sdraiato sotto un paio di coperte, tra un mucchio di rifiuti che lui stesso genera. Qualche volta legge uno di quei giornali che distribuiscono gratis in metropolitana. C’è gente che lo aiuta, perché gli lasciano cibo sul muretto dietro a cui risiede. L’altro giorno c’erano due ragazzi che parlavano con lui, gli davano dei pacchi. Ogni tanto mi accorgo che lui non c’è e che hanno ripulito tutto: qualcuno ha tentato di sradicarlo e ha bonificato tutta quella lordura. Ma l’Uomo senza casa torna, lo fa sempre, e si sdraia di nuovo lì a prendersi, pioggia freddo, vento, e tutto l’ossido di carbonio del traffico sull’Olimpica.

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