lunedì 29 marzo 2010

Luce

Le stanze delle case nelle città incastrate le une nelle altre, affastellate accatastate raggruppate suddivise rettangolari e quadre, trapezoidi, nascoste illuminate al mattino o al pomeriggio, esposte a sud infuocate oppure a nord, nella luce azzurra del nord, senza mai sole. Finestre e tendaggi, persiane avvolgibili e scuri, dispositivi di filtraggio e schermo di eliminazione della luce. Luce sui letti al mattino sfatti, luce sugli intonaci le piccole crepe, gli sbaffi di fuliggine dei caloriferi il giallastro del contatto umano. Luce sulla maiolica bianca dei bagni, lucidi i sanitari, luce sulle croste di calcare, gli specchi, i vetri delle docce, attrezzerie dell’igiene che ogni giorno ricomincia, instancabile fino alla fine, fino all’ultimo giorno di lavacri. Luce dalle imposte sui tavoli da pranzo, nelle cucine, sull’acciaio delle pentole, sugli oggetti del cibo. Luce sulle lampade spente nelle case vuote al mattino quando per ore nelle stanze non c’è nessuno restano intatte nel silenzio, capsule temporali a custodire tutto quello che abbiamo, che siamo sulla terra. Per il tempo che dureremo, dureranno le stanze, poi per noi più nulla. Poi quegli spazi saranno di altri poi di altri ancora, di gente mai vista, oggi ancora non nata.

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