giovedì 13 maggio 2010

Appunti dall'isola_4

Stamane il mare è calmissimo, appena strinato da qualche refolo di aria piuttosto fresca, appena rigato dalle scie di due o tre piccoli caicchi in attività, sagome nere contro il riflesso bianco del sole che sta salendo. Sono le sei e mezza, vorrei essere ancora a letto e invece no. C’è un minimo di risacca lungo la battigia che orla il villaggio. C’è una certa attività di pesci che si manifesta con improvvise increspature qui e là della superficie altrimenti quasi specchiata dell’acqua, un friccichìo che presuppone metti un branco di lattarini, una temporanea canizza de cefalotti.
Su tutto la sorveglianza aerea di un gruppo di gabbiani reali, mai visti qui d’estate, che ogni tanto si posano sull’acqua, poco lontano dalla riva a fare non so cosa. Hanno l’aria pasciuta, in salute, lo strato di penne perfetto et compatto, l’atteggiarsi indifferente, cinico leggermente arrogante tipico di questi uccelli. Ho sempre avuto questa impressione che i gabbiani se ne freghino. L’orizzonte è una riga assolutamente netta, oggi, che toglie ogni dubbio circa la separazione tra aria e acqua, anche se lungo le falesie di capo Agrea permaneva, fino a poco fa, una striscia sottile, quasi impercettibile di nebbia, sospesa sul mare a una certa altezza. L’acqua ha un aspetto se non proprio solido, molto pastoso, denso, schiacciato inesorabilmente sulla superficie del pianeta dalla così detta «forza di gravità». Pensa se cessasse di colpo, se l’attrazione terrestre non funzionasse più. Allora questa massa d’acqua comincerebbe a sollevarsi in grandi globuli pieni di pesci sorpresi, ma nemmeno tanto (loro vivono tutta la vita in assenza di gravità), fluttuando nell’aria e l’aria si perderebbe all’improvviso nello spazio, il cielo facendosi nero di colpo o quasi, le pietre del Partenone o quelle ciclopiche delle mura di Tirinto le potresti sospingere via con un dito, avendoci un punto di appoggio, che non avrei, perché anch’io, come tutto ciò che è posato sulla terra, comincerei a galleggiare diventando di colpo un corpo celeste autonomo, libero di staccarmi per sempre da tutta la roba del mondo. Ma a quel punto, data la cessazione della legge di gravitazione universale matematizzata da Newton, tutto il sistema solare si sentirebbe autorizzato a disgregarsi e ogni atomo se ne andrebbe per i cazzi suoi. Ma tutto questo, pur troppo, non è successo, tutto è continuato come prima, sono persino andato al caicco a comprare un pesce. Il ponte del caicco, dipinto di rosso, era cosparso di karavidas (cicale di mare) morenti, il pescatore – giovane e con uno strano taglio di capelli a corona: una doppia indescrivibile striscia imbiondita che gli girava sulla sommità del cranio – era molto primitivo e non parlava una sola parola di inglese (per questo riscosse subito la mia incondizionata ammirazione), ma trovammo lo stesso modo di combinare l’acquisto di un bel sarago, che stanotte ancora nuotava pieno di energia nelle profondità del mare supponendo di avere tutta la vita davanti.

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