sabato 15 maggio 2010

Appunti dall'isola_5

Qui la vita è al caffè. Tutti seduti al caffè immersi in chiacchiere infinite. Stamane qui sotto hanno cominciato verso le otto e mezza, un gruppetto di quattro. Li ho visti arrivare mentre facevo colazione sulla loggia. Andavano a passo svelto e ho pensato che avessero qualcosa da fare tutti assieme, un’incombenza, non so. Invece semplicemente stavano venendo a prendersi un caffè e a iniziare le chiacchiere. Subito dopo a loro si sono uniti altri abitanti del luogo.
Si è aperto un fuoco di discussione che potrebbe durare tutta la giornata, ovviamente con ricambi continui. Il gruppo dei parlatori/bevitori di caffè et birra si è spostato al bar di fronte. Sono già quattro ore che è in seduta. Prevedo che andranno avanti fino al pomeriggio inoltrato e forse fino a sera. Mangeranno quando ne avranno fame, quindi prevedibilmente alle quattro le cinque del pomeriggio. Quando stasera ri-passerò davanti a loro vedrò una schiera molto numerosa di Heineken vuote lasciate lì a testimoniare che qualcuno le ha bevute, un paio di piatti con consistenti residui di cibo (sempre qui si mangia svogliatamente, seduti sull’angolo della sedia, si pilucca, si assaggia, non si comincia mai né si finisce mai di mangiare, che è come non mangiare), di pesce cotto brutalmente, fritto o bruciacchiato sto furno, porta-cenere colmi di sigarette e di semi di oliva, cellulari poggiati sul tavolo, bicchieroni vuoti di nescafè frappè, con ancora dentro le cannucce, ciotole di noccioline semivuote, eccetera. Tutto questo potrebbe uccidere un gruppo di tori di buona razza. A loro non fa nulla, è il loro modo di vivere quando sono qui e molti di loro sono sempre qui. Alcuni passano da un bar all’altro tutta la giornata. Ufficialmente hanno da fare, in pratica no, cioè pochissimo ed è sempre qualcosa che può essere rimandato a domani, dopo-domani. In realtà qui sono in attesa che arrivi qualche turista, ma quest’anno, mi dicono, non sta arrivando nessuno, cioè nessuno che si fermi per più di quattro ore. In effetti sarebbe iniziata la deportazione quotidiana di turisti dalla capitale dell’isola, dove hanno costruito grandi orribili alberghi, fin qui, dove un pullman gigantesco li trasporta poi a Olympos, capoluogo antico del nord, aggrappato alla montagna. Ma i turisti sono pochi, malmessi, cioè palesemente con pochi soldi, brutti e soprattutto vecchissimi. Ne scendono una cinquantina al giorno, più o meno, fanno qualche foto, prendono un caffè, montano sul pullman enorme e se ne vanno a Olympos, dove immagino comprino qualcosa di greco nelle botteghe appositamente aperte per loro. Questo turismo, per così dire, di passo, è una risorsa fondamentale di questo luogo, un po’ come lo erano i tonni per Favignana, come lo sono i salmoni per i grizzly dell’Alaska: quando arrivano bisogna trarne il massimo vantaggio, perché si rivedranno solo la prossima primavera. Dunque tra i caffè è iniziata la lotta all’ultimo turista: cartelli con lista e foto dei piatti, in diverse lingue, butta-dentro melliflue di quelle che di solito a me mi fanno scappare e che invece stranamente col turista nordico funzionano, musichette greche messe a palla, eccetera. Niente è più orribile delle musichetta turistica greca, quella che serve per fare atmosfera. Cioè, no, sto esagerando, ci sono molte cose più orribili. Per esempio a Roma i ristoranti turistici per cinesi, dove i camerieri accolgono grupponi di cento cinesi vestiti da centurioni romani. Quando in un futuro lontano si parlerà delle caratteristiche salienti della nostra epoca, tra i mezzi più potenti di istupidimento collettivo, metti come la televisione, gli storici non potranno dimenticare il turismo di massa. Si dirà poi della sua fase suprema, le crociere, dove il futuro estetico del Pianeta venne anticipato nel gigantismo e nel paciugo stilistico delle navi-parco dei divertimenti per tre o quattromila turisti: modello non solo per le città a venire (frammenti consistenti si vedono già nelle periferie delle nostre metropoli), ma per le astronavi inter-stellari del futuro. Tutto è destinato ad essere ingoiato e digerito e espulso dall’ano culturale dell’immensa classe media planetaria. Questo è.

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