lunedì 31 maggio 2010

Caso e caos

L’altro giorno uscivo di casa e chiamavo l’ascensore, che abito al settimo, e poi mi giravo di nuovo verso l’uscio per chiuderlo a chiave. L’ascensore arriva nel frattempo, ma qualcuno dai piani inferiori, appena si aprono le porte spinge un bottone e me lo sottrae sotto il naso. Bene.
Allora mentre ero lì che aspettavo che salisse di nuovo ho pensato: chissà se, nella catena causale della giornata che mi aspetta, questo ascensore che mi fa uscire di casa in differita di un paio di minuti, per me sarà, al postutto, un bene o un male? Chissà, mi chiedevo, se sarebbe stato meglio non esitare quell’istante che ha consentito all’inquilino che me lo ha soffiato di soffiarmelo. Chissà se per quell’inquilino è un bene un male questo ascensore.
Poi ho pensato che per valutare esattamente vantaggi e svantaggi di questi due minuti di attesa e della conseguente immissione ritardata nella giornata, in strada, eccetera, un analista, dotato di un computer dalle immense capacità di calcolo, dovrebbe attendere la fine della mia vita.
E mi sono anche detto che per farlo dovrebbe dovuto conoscere con esattezza assoluta anche tempo e luogo di ogni cosa accaduta, nella mia vita e nel mondo, addirittura nell’universo, dall’inizio dei tempi. E all’inizio dei tempi dovrebbe conoscere la situazione, come dire, a bocce ferme. Mi sono detto se quei due minuti non fossero per caso il classico tempuscolo fatale che decide dalla tua vita o della tua morte, dell’anticipo o del ritardo di quel TIR che ti può travolgere oppure no, a seconda di quando arriverà all’altezza delle strisce sulle quali starai attraversando la strada. Per dire. Pensando a tutto questo sono quasi svenuto, tanto è stata intensa la percezione vertiginosa dell’arbitrio del Caso sulla mia vita, o forse dovrei dire del Caos. Perché chiamiamo Caso tutto ciò di cui non siamo in grado di stabilire con certezza la catena causale. E chiamiamo Caos il regno del Caso. Davanti alla porta dell’ascensore, che il lesto et paraculo coinquilino mi aveva soffiato, sono sprofondato con tutte le scarpe in una sorta di feeling col Caos. Il Caos mi ha travolto, ogni mia azione mi è parsa inutile, ridicola, a fronte del groviglio immenso e inestricabile di agenti e di cause possibili nel quale viene compiuta. Poi mi sono detto che anche le conseguenze delle mie azioni, anche delle più stupide, entrando nella corrente caotica dell’universo che scorre impetuosa sin dal mitico Istante Iniziale, si fanno causa di eventi imprevedibili e, forse, per qualcuno fatali. Magari domani, o tra mille anni. Più tardi, in macchina, sono tornato per un istante su questi pensieri al momento di scegliere se dare o no la precedenza a un veicolo a cui non spettava. Chissà se è meglio per lui, passare adesso oppure tra dieci secondi? Chissà cosa è meglio per me? Magari facendolo passare adesso, lo uccido. Oppure mi uccido. Oppure, tra diecimila anni, scoppierà una guerra la cui lontana causa sarà proprio questo mio piede sul freno, adesso.

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