mercoledì 19 maggio 2010

mingus ah um

Ieri tornai a Roma.
Dopo due settimane di de-compressione totale.
Di isolamento letterale e quasi eremitico, che alla fine mi pesava. Nel pomeriggio scesi a prendere la metro. C’era gente sulla banchina, il solito popolo depresso che si vede in metro. Come se vivessero là sotto in permanenza. Come se non salissero mai in superficie. Come fossero paria delle tenebre. Diversi dagli umani in Smart/Suv che usano la superficie, già tutti con l’abbronzatura di Freggene.
Dopo attesa ragionevole giunse treno con carrozze antiche, Anni Settanta, tristi, istoriate di spray graffitaro in stile d’epoca. Strano effetto mi fece quel treno, come di macchina del tempo, come fossi tornato nella Roma di trent’anni fa, almeno. Solo due fermate e sarei sceso. Di fronte a me sedeva una donna oltre la quarantina, vestita in modo che dire dimesso non basta. Era come se avesse appena saccheggiato una succursale economica dei magazzini Mas di Piazza Vittorio, che già di per sé sarebbero il massimo dello scrauso. La guardavo distrattamente, aveva occhi grandi dietro gli occhiali. Improvvisamente, senza cambiare espressione, gli occhi le si riempirono di lacrime, un fiume di lacrime che le scorreva sulle guance come se qualcuno avesse aperto un rubinetto. Ma non aveva l’aria di una persona che piange. Piuttosto sembrava una pena indicibile che le traboccasse dagli occhi senza passare per la modalità pianto, cioè senza produrre nessuna espressione di contrizione/disperazione. Pensai di avvicinarmi e chiederle Che c’è? Che posso fare per lei? Per fortuna non lo feci, non cedetti alla pena. Ero uscito di casa per dar corso al principio del piacere. Subito scesi a Ottaviano. Volevo comprare Mingus ah um, a prezzo scontato. E pure Bag’s groove di Miles Davis, ma non l’avevano. (Sono scaduti i diritti di un sacco di dischi storici della fine dei Cinquanta, mi dice il commesso musicale di Feltrinelli, ormai costano veramente poco). Mi piace andare nei negozi per comprare musica, piuttosto che scaricarla da internet. Ieri avevo bisogno di musica assolutamente moderna. Il disco è del 1959, per questo posso dire che è assolutamente moderno. Più moderno di tutto quello che mi circonda.

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