domenica 29 agosto 2010

Fare il morto, abbandonarsi alla legge di Archimede, per quanto debole sia la spinta di galleggiamento che l’acqua concede al corpo umano. Per prima cosa non dev’esserci onda, poi devi trovare l’assetto, soprattutto quello della testa, del collo. Il collo devi allinearlo sull’asse orizzontale della colonna. Le braccia aperte e abbandonate, lo stesso per le gambe. I miei piedi non galleggiano restano immersi, le ginocchia mi si piegano naturalmente. Il sole è un lampo dietro le palpebre e subito senti il calore sul viso, sul petto e il ventre. Il pisello emerge dal pelo dell’acqua, innocente e impudico. Nessuno mi osserva, perché qui non c’è nessuno. Sento il mio respiro da dentro, come se l’acqua me lo ritornasse nelle orecchie. E poi mi arriva qualche altro rumore sporadico, soprattutto se sono vicino alla riva, qualche rotolamento dei sassolini della battigia. Occhi chiusi, inizia un processo di deprivazione sensoriale, contrastato solo da un’improvvisa vena d’acqua più fredda e dalla luce che filtra attraverso le palpebre. Ho l’impressione di ruotare, perdo completamente il senso dell’orientamento, ho la sensazione di essere portato via dalla corrente e dopo un po’ mi sorgono dubbi su dove possa essere finito. È una specie di stato mistico, il mare mi sottrae tutto il mio peso terreno e io, che sono un tenace materialista, sperimento qualcosa che potrebbe avvicinarsi alla naturale spiritualità di un cervello isolato, chiuso in una vasca. Questi pensieri interrompono e rovinano lo stato di nulla mentale cui mi stavo avvicinando, pieno di pigre fantasticherie e frammenti di riflessioni prossimi a quelli del sonno che arriva. E in effetti in pochi minuti è come se mi addormentassi e cominciassi a sognare. Il volto e il ventre si asciugano all’aria e ogni increspatura d’acqua mi provoca un brivido leggero, il sole è caldissimo. Dove sono? A quale distanza dalla riva? Ho dormito? Alzo la testa, cerco l’assetto verticale e provo un leggero annebbiamento della vista, come un capogiro, un disorientamento, un oscuramento controsole, dura poco, mentre è invece netta la sensazione di freddo al ventre che torna a bagnarsi. Sono a pochi metri da riva, il timore che sempre mi prende di essere andato alla deriva chissà dove anche stavolta era del tutto infondato. Faccio qualche bracciata verso il largo, riprendo piena coscienza, poi mi metto di nuovo in posizione orizzontale, a galleggiare faccia al sole.

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