mercoledì 11 agosto 2010

Il katsarido se ne stava fermo accanto alla bottiglia posata sul pavimento, accanto al letto. Rosso, grosso, bellissimo, repellente. Occorre ucciderlo, non c’è scelta. Solo è troppo vicino alla bottiglia per vibrare un colpo preciso di infradito. In questo momento, per favore, chiedetemi qualsiasi cosa, ma non di ammazzare uno scarafaggio grosso come un cardillo, probabilmente volante. Se lo spavento quello si mette a correre velocissimo, già lo so. Ma devo spostare quella bottiglia. Alla fine l’afferro delicatamente e la sposto piano piano. Quello non si muove. Non c’è tempo da perdere, sandalo alla mano mi avvicino e lo schiaccio. Sono nauseato, ma lui non s’è accorto di niente, è passato dall’esserci al non esserci in una frazione di secondo. Ora bisogna toglierlo di lì, pulire il pavimento, eccetera. Quando è tutto finito il sonno mi è passato, il caldo è aumentato, il cuore mi batte forte al buio, penso agli altri katsarides che stanno scorrazzando nella stanza in cerca di briciole. Accendo la luce, sul pavimento non c’è niente. Poi, oggi, ho preso un bombolone spray di insetticida e l’ho spruzzato lungo un perimetro virtuale: lo attraverseranno lo stesso, ma nel farlo moriranno. Almeno non dovrò matarli di persona, banderillas e tutto.

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