martedì 30 novembre 2010

A proposito di scazzi all'Ikea

È bello litigare da Ikea, in mezzo alla gente, nel calore insano del riscaldamento, con il giaccone addosso, le ascelle roride di sudazza, l’ansia che monta (la si contrasta con un ansiolitico in più rispetto alla dose giornaliera cui ti sei assuefatto), il calo di zuccheri in atto(lo si contrasta con un pacchetto di crackers Misura), un senso ultimativo di disperazione consumista che ti scorre nelle vene, un voler andare via di lì, fuori da quel contenitore pieno di gente, di coppie con regazzini, un fuggire via per ritrovare l’aria gelida che soffia nel parcheggio carezzarti ascelle e schiena, il parcheggio dove il tuo corpo ritroverebbe l’equilibrio termico che dentro sta perdendo, la bussola mentale deformata da forze gravitazionali anomale, la radiazione ikeica che ti fa odiare così tanto la donna con la quale sei venuto qui, quasi allegramente, una mattina spensierata di sabato (l’errore di venirci di sabato) del terzo millennio, quando hai prima imboccato la Tangenziale, poi, già leggermente stressato dall’intaso, la Consolare Rinforzata, verso il GRA, poi il GRA stesso, attento alla contro-strada, attento a non imboccare la direzione Firenze, attento al microscopico cartello Centro Commerciale, attento ad immetterti nel raccordo giusto, la corsia giusta, alla velocità giusta – sentendoti già stupido, avendoci già voglia di girare, di invertire la marcia per tornare al mondo urbano conosciuto, quello che è sotto il controllo della tua mente –, per poi finire nel Grande Parcheggio Stracolmo, dove c’è un carosello continuo di auto in cerca di uno stallo e dopo un po’ lei ti dice LÌ!, ma lì c’è già qualcuno, oppure, peggio, lì non si può parcheggiare e però lei insiste, dice che sei un legalitario, che fosse per te non parcheggeresti mai in una città dove regna una semi-legalità perenne, che la semi-legalità va accettata e praticata, dici che finché la macchina la guidi tu, il parcheggio lo scegli tu, poi lo trovi, lei dice Checculo checciai: quindi la tensione si allenta fino alla delizia della Scala Mobile, fino all’ingresso dove subito pisci in cessi non italiani: sei in Svezia e ciò è bene, è una cosa che ti fa sentire migliore, la concreta sensazione di essere all’estero, tanto che ti aspetti che i ragazzi svedesizzati che lavorano al bar non parlino la tua lingua: poi incamminarsi lungo la striscia gialla, a te interessa il piano di sotto, ma per arrivarci devi farti tutto il piano di sopra, o almeno credi sia così, inizia la Prova Ikeica dalla quale sei ben determinato a uscire vivo, pensi che, se ti viene un infarto qui, finirai in un ospedale svedese, sistema sanitario svedese, magnifiche infermiere svedesi senza tatuaggi né piercing… vai avanti così, superando a passo svelto il reparto bambini, che è la prova estetica più pesante, arrivando infine alla scala che scende di sotto, ma già col bustone pieno di roba che non ti serve, lo sai che non ti serve, niente di ciò che è qui realmente ti serve, lo sai ma non te ne importa, sei qui per altri motivi, anche se non conosci neanche quelli, diciamo che sei qui e basta, cioè sei qui perché si spende poco: tutto va quasi bene, cioè si contiene a un livello accettabile di stress, finché per qualche motivo «futile», comincia il primo critpto-litigio, magari su uno scambio tipo Ma che ci devi fare con quello? Niente mi piace, costa solo 2 euri e 70. E poi già ce l’abbiamo. Quello che abbiamo non mi piace. Ma è una cazzata, sono soldi buttati. Sarò padrone di buttare i miei soldi? E poi però l’articolo in questione vai a rimetterlo a posto: la debolissima motivazione che ti induceva a prenderlo si è subito spenta, il piacere dell’inutile è lesionato, ti vendicherai presto e quando lo fai, lo fai al piano di sotto, reparto tende, scazzo irrimediabile, ultimativo, apocalittico: ringhiate insulti a voce bassa, ma vi sentono lo stesso, vi guardano, qualcuno sorride: vorresti dirgli Chetteridi? Sei furioso, senti che vuoi stare solo per il resto della vita, decidere ogni cosa da solo, entrare e uscire all’ora che ti pare, mangiare quello che ti pare, mozzarella e prosciutto e fagiolini per il resto dei tuoi giorni, senza dover intavolare continue trattative con questa stronza che vuole l’esperienza gastronomica, che compra e cucina pesce, con la casa che sa di pesce. Sogni di essere totalmente padrone di fare, dire, comprare ciò che vuoi, di scanalare la tv per un’intera serata, di accumulare libri non letti in pile altissime senza che nessuno ti dica Ma tutti quei libri? Che te li compri a fare se non li leggi?

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