venerdì 12 novembre 2010

Stanotte sognavo più o meno così

Ero in una casa, poi invasa. Ovunque malvestiti giovani turisti. Poi, non so come, incontravo mio padre. Era abbastanza giovane. Gli dissi Sei giovane! Il mio cranio conserva, si vede, un’immagine intatta di lui. Poi, com’è nei sogni, appariva dal nulla un amico. Hai l’aria triste, ti presento mio padre. Piacere, diceva lui, il mio è morto adesso. Quanti anni aveva? Ottantanove. L’abbraccio. Beh, la sua vita l’ha fatta, gli dico all’orecchio. Lui non gradisce il commento, risponde Sticazzi. Intanto mio padre si avvia verso non so dove. E poi il solito sfasciume mio dei sogni. Gente per strada, un mercato ancestrale. Pecore legate una sull’altra, sofferenti, assieme a fasci di legna. Padre, con gesto sfrontato, scioglie il nodo in un lampo. Bestie che fuggono in ogni direzione, all’istante. Mi lancia uno sguardo anarchico, stavolta quasi lo stimo. Il mercante pastore neanche s’incazza. Vestito di pelle e di cioce, si butta a inseguirle. So che correrà per sempre, non le piglierà mai. Lontano oltre l’orlo della città vedo il mare. Un mare alieno luccica di là dalle piattaforme.

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