lunedì 8 novembre 2010

Temperature

Capisco che è autunno quando mi raso il cranio e scopro di avere freddo alla nuca e allora anche in casa sto col bonnet di lana ben calcato e una sciarpetta annodata intorno al collo a coprire lo iato che sempre si forma tra l’orlo inferiore del berretto e il colletto rialzato della felpa, perché l’autunno è esattamente questo che ti fa: ti sorprende in posa estiva, col riscaldamento condominiale ancora di là da venire, perché tu vivi in area mediterranea dove si accende dopo il 15 novembre e mentre lo dico mi viene in mente che metti a Messina il riscaldamento non ce l’hanno proprio e lì in inverno soffri un freddo terribile, anche se in affetti le temperature esterne sono magari sui venti gradi: è che non ci siamo abituati, esattamente come il nordico che tu lo ospiti e quello anche in inverno, anche coi tuoi termosifoni roventi, ti dice che ha freddo e poi ti ricordi che a Milano tengono il riscaldamento sempre a palla, che qui a Roma si schiatterebbe: un po’ come quando vivevo in quella casa che stava troppo in centro e avevo quello autonomo e lo mandavo ogni giorno più alto del giorno prima: ero drogato di caldo, ero assuefatto, avevo bisogno di dosi di calore sempre maggiori, in casa stavo in maglietta, mi ero abituato così, insanamente: non capisco perché il mio corpo sia così poco adatto alle temperature di questo pianeta: lo scambio termico, in entrata o in uscita che sia, mi crea sempre disagio: ho caldo oppure freddo, mai che mi senta alla temperatura giusta, mai che non avvenga una sottrazione indebita di calore, o, al contrario, un eccesso di elargizione: a questo devo aggiungere l’emozione, che quando arriva (l’emozione è sempre stata il mio più grande nemico) sempre mi surriscalda & mi raffredda la punta delle dita delle mani: ogni pensiero indesiderato, ogni difficoltà, anche il più piccolo insignificante intoppo, ogni «contatto umano», ogni evento relazionale men che fluido, mi provoca caldane e essudazioni eccessive, vampate da convertitore Bessmer: quindi è un leva & metti continuo per ristabilire l’equilibrio termico tra me e l’ambiente: per questo mi vesto sempre in modo smontabile: per me un maglione a pelle, a prescindere dalla scomodità del contatto diretto con la lana, non è indicato, perché se ho caldo non è che posso toglierlo e rimanere ignudo dalla cintola in su: la termo regolazione è un affare serio, soprattutto quando non ti funziona dalla nascita: dunque in questi giorni di novembre soffro, oltre che della tristezza autunnale (ma è di default e è oggi molto meno tragica e disperata che in altri tempi, quando andavo a scuola e davanti mi sia apriva un tempo sterminato di scuola, prima di un’altra Estate), di cessione di calore all’ambiente: un saldo negativo cui associo un aumento dell’appetito, che forse è fisiologico e ancestrale, come volessi fare scorta di grasso corporeo in vista del prossimo gelo, che è quello che fanno tutti gli anni i trichechi, i grizzly dell’Alaska, gli orsi polari, in luoghi dove peraltro adesso è già tutto bianco e ghiacciato, il cielo scuro…

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