sabato 15 ottobre 2011

Ancora su ciò che è terminale


Una lingua è terminale quando non ha parole per ciò che è nuovo. Se i nuovi oggetti e dispositivi e macchinari, di qualsiasi natura siano, puoi chiamarli solo con parole di un’altra lingua, allora la tua lingua sta messa male. Se il corpo solido di un linguaggio nazionale, cioè storicamente condiviso, diventa sempre più morbido e penetrabile agli apporti di altre lingue, allora significa che la stessa cultura nazionale si sta progressivamente indebolendo. L’inglese assedia passivamente l’italiano, senza fare nessuna vera pressione, ma riesce a bucarne le difese molto facilmente.
Ogni giorno, si può dire, avviene la sostituzione ufficiale di una parola italiana con una parola inglese. Spread attacca e uccide in pochi giorni il suo corrispettivo italiano: differenziale. Basta che la CNN usi la parola compound per designare la postazione semi-fortificata, un tempo detta bunker (altra parola non italiana, italianizzata), del nemico pubblico numero uno mondiale, Bin Laden, perché compound entri di fatto nel linguaggio corrente, che è poi quello della televisione. Tutti i termini informatici sono inglesi. L’italiano non ha provato nemmeno un solo giorno a resistere, come invece hanno fatto i francesi con il loro ordinateur, i loro fichier. In fondo la parola calcolatore, benché assai impropria, poteva anche andare bene. Tutto questo indica una mutazione, un cambiamento, in definitiva un declino. Una cultura è provinciale non quando non riceve apporti esterni, ma quando non fornisce apporti all’esterno, quando non emette, quando accoglie e incamera senza a sua volta contribuire. In questo modo abbiamo cominciato a scomparire dall’orizzonte culturale del mondo.

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