lunedì 27 giugno 2005

La città affoga nel caldo e nel nulla di un futuro inesistente, svuotato.
Il presente è cemento e viadotti.
Traffico sotto il sole.
Aria condizionata, di cui nessuno riesce a fare senza.
Mizubisci.
Il presente è pieno di decisioni.
Più che sbagliate, sembrano approssimative e inesatte, prese nel corso di incontri veloci.
Poca e inutile la documentazione, poco o niente pensiero.
Molta invece la fretta di anticipare gli altri.

Per investire molto denaro serve uno sguardo distolto dal presente depresso, senza fiducia: occorre essere mezzi ciechi e sgomitare furiosamente. Non importa per cosa si vive, l’importante è vivere con denaro.
Allo stato delle cose, concordo, vent’anni fa avrei scritto cose diverse, o meglio, non avrei scritto affatto. Tutt’intorno alla città, ben innestati su un sistema vascolare di raccordi a sei corsie, più quattro corsie complanari, sorgono enormi centri commerciali da quasi centomila metri quadrati.
Nient’altro, per ora, che centri commerciali e case.
Qualche ufficio, forse, de vetro.
Il puro ciclo vitale umano fa ormai a meno della città: Lavoro, Consumo, Casa-tv. Per questo non occorre una città. Servono solo collegamenti, possibilmente efficienti, rapidi, comodi, con l’aria condizionata: auto e treni, bus.
Non ho nulla contro l’aria condizionata.
Anzi.
Cosa esista tra i tre momenti fondanti del ciclo vitale umano, non importa molto ai molti.
E neppure ai pochi. Che ci siano strade e piazze, oppure foreste, o discariche, che ci sia acqua o terra, o paludi con alligatori, non importa, non è rilevante, purché non ostacoli il flusso dei collegamenti, l’efficienza dei nodi di scambio, accesso.
Centri commerciali immensi, a più piani, decine e decine di negozi dolceggabbana diesel cavalli versasce eccetera, più robetta economica. Supermercati alimentari, grandi spazi pieni di scarpe di gomma arrampicate sulle pareti. Nuovi luoghi civici. Foot Locker. Jeans. Combipel. Computerlandia. Digital Universe. Galactic dreams. Eccetera. Autorama. Stardust Extreme Outlet. Parcheggi immensi alla fine dei viadotti, col fondo permeabile dove l’erbetta secca filtra tra i grigliati di plastica incastonati nella terra. Alberelli appena piantati.
Milioni di tonnellate di plastica si accumulano nelle discariche, assieme a tutto il resto: resteranno lì per ventimila anni almeno.
Lascito prezioso per il futuro. Era lo sviluppo - si dirà di noi - poi come sapete sopravvenne, quasi inaspettato, l’Evento.

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